START-UPs & DOWNs – parte seconda

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di Vittorio Costa, Chief Operating Officer

 

Questa è la seconda parte di un pezzo pubblicato a settembre sul blog di yourCEO.

Qui il link al blog:  https://www.yourceo.it/ceo/start-ups-downs/ 

Qui su LinkedIn: https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:6980549649577189376/ 

Nella prima parte avevo raccontato le (dis-?) avventure dell’Incauto Startupper (aka “Incauto”) nelle primissime fasi: la scelta di altri Incauti soci, la presenza di una Idea di potenziale successo e la verifica tecnologica dell’idea stessa. Senza dimenticarne il fondamento: sarà l’Incauto Startupper, lui medesimo, in grado di guidare una Startup?

Il percorso dell’Incauto viene raccontato utilizzando la metafora del Gioco dell’Oca (o dell’Unicorno se preferite), con tutte le sue caselle, i trabocchetti, i passi falsi, le retromarce e, per chi ci arriva, il traguardo finale, il Sacro Graal di ogni Incauto: la Exit.

Il Gioco è Iniziato

Il dado, in tutti i sensi, è tratto: voi Incauti, con i vostri degni compari, avete concepito l’Idea, concordato il modo con cui costituire e condurre il team, verificato la presenza di un mercato almeno potenziale e superato positivamente le verifiche tecniche preliminari. Si procede. 

Cortesia e buon senso suggeriscono che a questo punto chiamiate lo zio avvocato o lo scapestrato ex-compagno di bisbocce, avvisandoli di non poter per ora fare pratica nello studio legale e che anche il mitico chiringuito a Ladispoli resta per ora un progetto on-hold. 

Niente rinunce definitive: anche il più Incauto tra gli Incauti cercherà comunque di tenersi aperte queste strade, non si sa mai: avrete letto sul Web che il tasso di mortalità delle startup nei primi 5 anni è piuttosto elevato. Il 55,2% secondo la ormai proverbiale CGIA di Mestre.

Il gioco vi fa atterrare sulla casella del Business Check? Niente di più banale, un gioco da ragazzi: si tratta solo di immaginare, analizzare, quantificare, verificare e descrivere tutto, ma proprio tutto, il vostro potenziale di costi, ricavi, di margini, di strategia go-to-market e altre piacevolezze.

Un consiglio: non cadete nella sindrome di Excel, compilando migliaia di celle, formule, fogli, intersecati, intrecciati, avviluppati, condivisi.

Primo, perché queste cose sono complicate e non funzionano mai: Dropbox vi chiede di acquistare Petabyte di spazio addizionale, Google Drive vi insegue fino all’inferno per avere l’ultima password del quarto account, seppellito per l’eternità in quel vecchio smartphone dimenticato in quel pallosissimo convegno per Incauti, dove cercaste invano di avvicinare una/un avvenente Startupper di Foligno, che peraltro non incontrerete più visto che l’Incauta/o folignate è ormai ad un PhD in Cambogia.

Secondo, perché è una grande perdita di tempo, fatevelo dire da un autentico stakanovista di Excel. Quello che serve sono quattro numeri in croce, ma ben ponderati: dovrete soprattutto capire come il mercato percepirà e valuterà i vostri prodotti e servizi, ossia quanto sarà disposto a spendere per la vostra idea. 

Accontentatevi dei due scenari best case e worst case e basate ogni successivo conteggio sulla media tra questi valori, ma dividendola almeno per due. La legge di Murphy non prevede eccezioni: il worst case che immaginate il primo giorno, dopo dodici mesi diventerà il vostro best case, quello che inseguirete per tenere a galla la baracca.

Non è un lavoro semplice, lo sappiamo bene; c’è una marea di parametri da considerare e di ardua quantificazione. Quanto più il vostro prodotto/servizio è innovativo, tanto meno avrete un mercato di riferimento o paragoni (i concorrenti!) su cui calcolare i vostri prezzi; o addirittura il modello di pricing. 

Che fare in questi casi? La determinazione del prezzo in mancanza di un chiaro riferimento di mercato e per giunta con una struttura di costi quasi ignota è un problema più frequente di quanto si creda. Parafrasando Humphrey Bogart: è la startup, bellezza! Conviene approfondire, e lo facciamo con un esempio:

Supponiamo che la vostra Idea sia un nuovo dispositivo per misurare il livello di CO in un locale pubblico e che il dispositivo “intrappoli” automaticamente l’ossido di carbonio in eccesso. 

Pura tecnologia, un po’ di chimica, un hardware adeguato realizzato con stampanti 3D e connesso in modalità IOT, con un software facile facile a misurare e controllare il tutto. 

Una vera mandrakata, potremmo pensare ma: quanto costerà produrre questo dispositivo? Prima pochi prototipi e poi in grande scala? E la logistica? La commercializzazione? I costi variabili sono la parte facile. Ipotizziamo con immotivato ottimismo che anche i costi fissi possano essere calcolati con un livello accettabile di approssimazione. La parte veramente difficile sono i ricavi, che sono funzione del prezzo. Il prezzo non è solo funzione del costo, del burn rate e del margine che volete aggiungere per arrivare in primis al break even point. Anche qui ci viene in aiuto la legge di Murphy: “adottando i criteri ed i modelli più evoluti ed accurati, i vostri prezzi saranno inesorabilmente sbagliati e sbagliati in eccesso”. 

Il prezzo, quello vero, quello di mercato, è dato dal valore percepito dal vostro Cliente e ancora più probabilmente dai suoi Clienti. Il Cliente potrebbe percepire il prodotto come un semplice gadget e i suoi clienti, quelli che frequentano il locale, potrebbero persino pensare che sia nocivo per la loro salute. Insomma, un fiasco, uno Start-Down alla prima curva.

Come uscirne? Prima di tutto procuratevi dei sondaggi, con cui cercare di identificare la possibile percezione dei clienti nel vostro mercato target. Ci vorrà poi un bel pivot: un cambio al volo della strategia, costi aggiuntivi, non preventivati: il modello di vendita che avevate in mente ma anche l’intero marketing (branding incluso) della vostra mandrakata dovrà virare verso una “evangelizzazione” del mercato. Dovrete coinvolgere istituti di ricerca, grandi nomi della medicina, enti di certificazione e ogni altro influencer in un percorso che dovrà portare i clienti e i loro clienti a valutare con rispetto e persino cupidigia il vostro prodotto. E, cosa più facile, scegliervi una clientela più ricettiva. 

Esempio nell’esempio: il vostro “SynchroCarboDeOxid™” lo dovrete rinominare AriaClara™: insomma farete di tutto per traslocare da un mercato di gadget per baristi e relativa clientela (giocatori di flipper, ludopatici, malavitosi, donne di facili costumi…) ad un ambiente più elitario, fatto di consumatori consapevoli e responsabili, non più situato nei peggiori ranchito di Caracas ma frequentatrice nei migliori locali di sushi, poke o tisane alla genziana, nelle ZTL metropolitane.  

Non è un male: questo “trasloco” vi consentirà di creare il prezzo con una metodologia comparativa e a vostro vantaggio. Mi spiego: quando il prodotto è del tutto nuovo, non è che il cliente accetti di pagare un prezzo qualsiasi, quello che sognate di proporgli: la sua forma mentis lo porterà ad assimilare il vostro prodotto alla cosa che lui ritiene più affine; un piccolo gadget da bar? Quanto costa un distributore di chewing gum? Niente? Lo fornisce gratis la ditta, con un revenue-share sulle “cingomme” vendute? Bene, il barista di Caracas si aspetta lo stesso da voi. Non lo convincerete facilmente e, fidatevi, nei ranchitos non è consigliabile essere troppo insistenti.

Viceversa, il gestore del locale di tendenza a Parco della Vittoria assimilerà AriaClara ad un servizio “in”, come il massaggio shatzu da fornire ai clienti: un valore di 50 euro? Questa è la percezione anche del suo cliente? Bene, un locale di 50 clienti medi al giorno porta ad un valore di 2500 euro al giorno. Potrete quindi ipotizzare che il vostro AriaNueva™ sia vendibile a, diciamo, 5000 euro? Probabilmente sì. O magari noleggiabile a 500 euro al mese. Ci rientrate coi costi? Tutti i costi, oneri finanziari inclusi? Avrete economie di scala? 

Quanti bar e locali riuscirete a contattare? Come ci arrivate? No, per favore, non ditemi con venditori porta a porta… userete il Web, acciderba! ma come vi farete conoscere? SEO? Influencer marketing? Eventi? Calma: che la parola torni ai dadi.

 

Siete ancora nelle caselle più difficili, quelle dove si rimane più spesso impantanati. Non scoraggiatevi: nel prossimo articolo parleremo (anche) di banche e di notai, roba da sbellicarsi dalle risate!

Fractional executives & Start-Ups

Oggi una startup -in ogni sua fase, dalla creazione del business plan, alla predisposizione dei pitch, alla commercializzazione e internazionalizzazione, alla fase di scale-up e per la exit- può avvalersi del supporto consulenziale ed operativo di fractional-executive.

Sono figure professionali decisamente senior, spesso C-Level, in grado di affiancare gli Incauti Startupper in ogni aspetto, non come mentori o consulenti esterni, ma “da dentro”, praticamente “assunti” in modalità frazionale (e quindi a condizioni economiche particolarmente appetibili) nelle fasi decisionali più importanti e con gli skill più adeguati e sperimentati per i compiti individuati.

In sintesi, la startup può espandere, di volta in volta e per le frazioni di tempo necessarie, la sua sfera di competenza con i profili temporanei più qualificati a dirigere/coordinare ogni necessità o task ad alto tasso di specializzazione ed esperienza. 

YOURgroup, in particolare, è in grado di farlo con grande efficacia, grazie ai suoi vertical, quali yourCEO, yourCFO, yourCMO, yourHR, yourCLO, yourDigital, yourCPO e yourNEXT. 

In YourCEO ‘Aiutiamo l’imprenditore nel definire le scelte strategiche, organizzative e operative per la crescita sostenibile di lungo periodo della sua azienda e lo affianchiamo, giorno per giorno, nell’implementazione delle azioni coerenti con il piano condiviso’.

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