CONOSCI UN PARTNER YOURCEO: CONVERSAZIONE CON ELISABETTA MANZI

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Ciao Elisabetta, sei un Executive con uno spiccato profilo nel Marketing. Puoi raccontarci le esperienze professionali che ritieni più significative rispetto al ruolo attuale di Associate Partner yourCEO?

Ciao Sabrina, penso che ciascuna di queste mie esperienze abbia contribuito a formare la mia professionalità e a preparami per un ruolo di fractional manager in yourCEO. Certamente la mia esperienza internazionale può essere un asset nei progetti di espansione e crescita su mercati esteri.

Tutte le aziende in cui ho lavorato mi hanno insegnato qualcosa di nuovo, ma sicuramente la prima, Toyota, ha lasciato un segno indelebile. In Toyota ho imparato che non importa quanto brillante possa essere la tua idea se non è sentita dagli altri: il segreto per realizzare la propria idea sta nel rendere i colleghi partecipi e portarli gradualmente ad abbracciare il progetto. Poi ho passato dieci anni in multinazionali americane, dove ho imparato esattamente il contrario, ma sono ancora grata agli insegnamenti di Toyota e credo saranno preziosi per il mio ruolo in yourCEO.

 

Il Made in Italy continua a rappresentare nel mondo un brand riconosciuto e apprezzato. Quanto conta, a tuo avviso, restare “italiane” per le nostre aziende piccole e medie che operano sui mercati internazionali?

Il brand “made in Italy” è sicuramente sinonimo di eccellenza. Nei settori merceologici in cui la mano dell’esperto o dell’artigiano è l’elemento essenziale del prodotto, penso sia d’obbligo preservare il saper fare e la ricerca italiana — e il made in Italy.

In altri settori, l’italianità intesa come gusto, estro, capacità di inventare, si può esprimere al di là dell’etichetta made in. Il gusto italiano per il bello, la capacità di “mix & match”, sono elementi della cultura italiana apprezzati ovunque, anche se la supply chain delle nostre aziende è internazionale.

In base alla tua esperienza vogliamo chiederti: quali sono i gap che le aziende devono affrontare oggi per garantirsi competitività anche negli anni a venire?

Penso che ogni azienda abbia i suoi punti di forza e debolezza, ma nessuna può permettersi di restare ferma. In un’azienda in cui ho lavorato anni fa, si diceva: “be a sponge”, una spugna che assorbe e che poi rielabora gli input che riceve. Potremmo tradurlo in abbracciare il cambiamento; ascoltare il “fuori”, il mercato, oltre alla propria ambizione; pensare che i processi aziendali siano sempre migliorabili; che le persone all’interno dell’azienda sono un elemento fondamentale per la competitività.

Credo che l’obiettivo, per tutte le aziende, dovrebbe essere la sostenibilità. Non parlo di impatto ambientale (questo ormai è ovvio): parlo di processi di creazione, produzione e distribuzione equi e sostenibili nel tempo, che valorizzino la società in cui si opera oltre ai fatturati aziendali. Proporre prodotti e servizi “onesti”, che facciano quello che promettono, al giusto controvalore, che si evolvano con le esigenze delle persone e della società.

Elisabetta al lavoro: come ti vedi e come ti vedono i clienti?

Mi vedo e mi propongo come un partner. Io lavoro con le aziende, supporto i miei clienti su progetto magari nuovi per loro, e cerco di trasmettere il mio metodo di lavoro e le mie conoscenze, per quanto possibile. Finché lavoro in azienda, sono un membro del team. Spero di essere vista così!

Una domanda al femminile. Quanto la “diversity” può, a tuo avviso, costituire una marcia in più?

La “diversity” è un valore fondamentale, in azienda e nella vita. Diversità non solo di genere, ma di cultura, nel senso più ampio del termine. È dall’incontro di differenze che nascono elementi nuovi, stimoli, idee, conoscenze. Purtroppo in molte aziende (anche italiane) la diversità non solo non è una realtà, non è neanche un obiettivo da perseguire. In tema di diversità di genere: a livello globale, un terzo delle imprese non ha donne in posizioni dirigenziali di alto livello, un numero che non è cambiato dal 2011. A questo ritmo di cambiamento, le donne raggiungeranno la parità con gli uomini solo nel 2060. Spero che le generazioni Y e Z accelerino il cambiamento.

Ci racconti il viaggio più bello che hai fatto? Quali emozioni ti ha regalato?

Ogni viaggio mi ha lasciato qualcosa di speciale, mi ha regalato delle emozioni diverse e delle nuove conoscenze. Non saprei dirti qual è stato il viaggio più bello, ti posso dire che il paese che più mi è rimasto nel cuore è l’Iran. Saranno i secoli di storia e di incontri di culture che ancora si respirano tra le rovine di Persepoli e i palazzi di Isfahan, i contrasti tra i giardini di Shiraz e il deserto di Yazd, il cibo (ottimo!), le persone (gentilissime), le ragazze di città dai visi intensi con il foulard sapientemente indossato per lasciare ben scoperti ciuffi e frange sugli occhi truccatissimi. È un paese bello e vario, con una popolazione giovane e colta. Mi auguro che gli eventi interni di queste settimane abbiano un esito positivo per i giovani iraniani.

Ora vogliamo chiederti come vedi il futuro dell’Italia in termini di business e innovazione. Ci dai la tua personale interpretazione dei prossimi anni a venire?

Ho lavorato molto all’estero e la mia percezione dell’Italia è sempre stata guidata dal cuore. Quello che percepisco adesso è un mondo altamente burocratizzato, macchinoso, vecchio, e dall’altra parte un mondo dinamico di persone eccellenti (pensa a Fabiola Gianotti, Direttore General del CERN, o Samantha Cristoforetti), aziende di successo (dalla moda al food, dai rubinetti agli occhiali). Personalmente credo che non ci manchino né le idee né le persone. Mancano le infrastrutture, le scuole e i laboratori capaci di attrarre anche eccellenze dall’estero; mancano le leggi che favoriscano la nascita di nuove imprese italiane ma che permettano anche alle aziende straniere di investire sul nostro paese in sicurezza.

 

Grazie Elisabetta, ti auguriamo buon lavoro e ottimi successi con yourCEO.

Grazie a te, cara Sabrina!

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Considerazioni raccolte da Sabrina Cirillo – Associate Partner yourCEO

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