Digital Marketing … si deve

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di Gianluca Bressan, Associate Partner yourCEO

…usare l’innovazione TECNOLOGICA per COMUNICARE con maggiore EFFICACIA  ai  CLIENTI

I numeri degli utenti dei social nel 2018 …

Inizio da un dato condiviso che trovo in un interessante pubblicazione curata da netcomm e pubblicata da HOEPLI nel 2019 (Digital Marketing per l’e-commerce e il new retail – aa. Mario Bagliani e Roberto Liscia).

Nel 2018, il 57% degli italiani usavano i social, cioè circa 34 milioni di persone e di questi il 90% ci accedevano da mobile.

Oggi, in epoca post COVID, quanto sarà aumentato il numero degli utenti collegati tramite i social?

Quanti ristoranti oggi hanno adottato un sistema misto fra servizio al tavolo e food delivery?

Il motivo per cui i principi che regolano il digital marketing non possono essere ricondotti semplicemente al marketing tradizionale sono dati dai fatti.

Ricorrere ad un numero che fa riferimento al 2018, cioè a 2 anni fa e non a 20 anni fa, mi permette di poter pensare che anche l’imprenditore che gestisce un business “tradizionale” e che non considerava quegli utenti che accedevano ai social nel 2018 come possibili suoi clienti, oggi debba ripensare questo atteggiamento “conservatore”.

Il digital marketing non è più una opzione “facoltativa”

Oggi parlare di Marketing senza mettere la priorità sul digitale e sui collegamenti tramite social network non penso sia possibile.

Le regole del mercato “innovato” dal digitale sono più complesse di quelle precedenti.

Uno degli elementi fondamentali  da considerare è che il cosiddetto target dei clienti non è statico ma dinamico: si parla infatti di “dynamic buying personas” (letteralmente “compratori dinamici”).

Semplifichiamo questo concetto perché non volendo fare un articolo lungo un libro, voglio solo stimolare la riflessione sulla immediata necessità per tutte le aziende che vogliono rimanere sul mercato di adottare al più presto una progettazione del proprio digital marketing con dei manager e degli specialisti in grado di affrontare i rischi sfruttando i benefici dell’innovazione.

Dynamic buying personas significa, secondo il mio parere, che vogliamo convincere a comprare qualcuno che prima di diventare cliente è una “persona” cioè è più attento all’emozione che viene “rilasciata” dal prodotto/servizio, piuttosto che dal contenuto “materiale” (ad es. tecnico e di prezzo).

Un esempio del fatto che abbiamo come clienti delle “personas” influenzabili dalle emozioni sono i prodotti della Apple (chi li compra non ha mai guardato quanta potenza ha un processore di un iPad … né quanto costa un iPhone rispetto alla concorrenza).

Dynamic buying significa, ad esempio, che durante il giorno o durante la settimana la ricettività delle “personas” di una forma di “pubblicità” cambia e potrebbe essere utile adattare i messaggi che vengono inviati al mercato sulla base di un costante monitoraggio delle reazioni che si registrano ora per ora o giorno per giorno. Questo è uno degli obiettivi del digital marketing, cioè l’approccio adattivo alle diverse esigenze e momenti che attraversa il potenziale cliente.

Durante il week-end la propensione a cercare una soluzione per passare una vacanza insieme al partner potrebbe aumentare per il semplice motivo che si è insieme, liberi da impegni di lavoro e si può navigare sul web in cerca di mete stimolanti. Ma le offerte economiche più vantaggiose per comprare un volo aereo o prenotare un hotel probabilmente sono al martedì…

Il marketing e la vendita diventano “ibridi”

Un altro elemento di riflessione che ci tengo a sottolineare è la “convivenza” fra i vecchi modelli di business ed i nuovi modelli, fino ad arrivare a dei paradossi quasi inimmaginabili anni fa.

Le persone che desiderano comperare qualcosa di nuovo, cioè tutti i potenziali compratori, posso visitare quasi tutte le vetrine senza prendere l’auto, parcheggiare e camminare nella calca del grande megastore o fra le viuzze del centro storico. Andando in internet possono trovare ogni possibile oggetto del desiderio e spesso non arrivano a trovarlo entrando dalla porta centrale del negozio virtuale (il “vecchio” sito aziendale) ma attraverso un collegamento trovato in pagine, foto, commenti, recensioni  personali di amici, di influencer (apparentemente “amici”) o di perfetti sconosciuti in cui ci si imbatte per “affinità”, cioè perché si ha un gusto simile e si può usare loro come manichini nella vetrina.

La visita quindi e la conoscenza dei prezzi e delle caratteristiche dei prodotti sta passando dalla domanda al commesso del negozio alla ricerca sul web e sui social.

L’acquisto però rimane fortemente vincolato ad una diversa valutazione che spesso passa attraverso al “vedo coi miei occhi e tocco con le mie mani”, per cui il negozio viene raggiunto da clienti spesso informati meglio degli stessi commessi e la differenza la fa il livello di servizio fornito in loco.
Un esempio che mi sento di portare è quello dei negozi  Nespresso: quando una persona non vuole comprare in internet (consegna gratuita e velocissima) può andare alla boutique e gli viene offerto il caffè con lo stile delle hostess di un volo aereo transoceanico  di venti anni fa.

L’inversione dei ruoli e le combinazioni favorevoli

Dicevo prima che grazie al digital marketing ed alle innovazioni introdotte negli ultimi anni si arriva a paradossi inimmaginabili anni fa: voglio citare un esempio per concludere questo mio breve articolo.

E’ chiaro che il COVID ha messo in ginocchio i ristoranti e porterà una conseguenza su quel mercato ancora difficile da quantificare, però, nello stesso tempo, ha generato una rivoluzione fisiologica rispetto alla modernità delle soluzioni disponibili in un mercato che sicuramente è da considerarsi “tradizionale”.

Durante il COVID i ristoranti “per sopravvivere” si sono visti costretti a consegnare a casa dei clienti.

I clienti si sono accorti che ricevere il pasto a casa può essere una valida soluzione piuttosto che passare ore in cerca di parcheggio o dover litigare su chi fa da mangiare e che cosa…

Ma nel dopo COVID abbiamo notato che i ristoranti a gestione “tipica” sono quasi vuoti e stanno pensando che i costi fissi di personale ed affitto locali li danneggiano rispetto ad una crescente offerta delle c.d. dark kitchen, che sono delle cucine centralizzate , “chiuse”: ristoranti in cui non si recano i clienti, ma dove vengono prodotti i piatti che poi vengono consegnati con le consegne a domicilio.

Paradossalmente le piattaforme digitali di food delivery (ad esempio Deliveroo) che prima servivano ai ristoranti per raggiungere i clienti che non venivano fisicamente nel locale, oggi potrebbero creare un loro sistema di fornitura di pasti (nelle dark kitchen) sostituendosi agli stessi ristoratori contando sull’enorme consistenza di contatti creati attraverso le loro piattaforme digitali che archiviano importantissime informazioni sulle abitudini dei clienti per gusto e per territorio.

Non a caso in maggio 2019, il colosso americano dell’e-commerce, Amazon, è entrato nel capitale di Deliveroo, la piattaforma online di consegna di cibo a domicilio. La percentuale esatta di partecipazione non è nota, ma il gruppo guidato da Jeff Bezos è il maggior investitore dell’ultimo round di aumento di capitale di Deliveroo con 575 milioni di dollari.

Ci auguriamo che tutti i ristoratori, specialmente quelli italiani, possano mantenere il livello di qualità e cultura dello stare a tavola senza subire troppo questa pressione economica dovuta alla recente pandemia, ma sicuramente tutti i servizi, non solo quello della ristorazione, che saranno offerti al cittadino ed al turista dovranno subire un radicale cambiamento legato alle nuove abitudini che il digitale ha generato.

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