La Strategia Aziendale

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di Andrea Mastrorilli, Associate Partner yourCEO

Per capire che cos’è la strategia aziendale, come viene decisa e come viene eseguita voglio partire dalla definizione che ho trovato sul sito Treccani on-line: “L’insieme delle scelte e delle azioni, coordinate e coerenti, operate all’interno dell’azienda al fine di conseguire un obiettivo predeterminato che riguarda una parte o tutte le aree aziendali”, che normalmente coincide con un vantaggio competitivo, aggiungerei io.

Prima di addentrarmi nel cuore dell’argomento vorrei soffermarmi con voi su una cosa che ho notato direttamente negli anni passati come manager presso alcune grandi multinazionali. I manager a qualsiasi livello, anche senior, ritengono il pensiero strategico una caratteristica fondamentale che però non trova quasi mai spazio nelle agende per “mancanza di tempo”. Una ricerca americana fatta da Rich Horwath CEO dello Strategic Thinking Institute in effetti mette in evidenza che, per i manager intervistati, la mancanza di tempo per il pensiero strategico è uno dei più grandi problemi presenti nelle loro organizzazioni, in quanto oberati da impegni, riunioni, centinaia di mail ecc. È anche vero che ogni manager ha la possibilità di gestire i propri impegni e quindi potrebbe dare priorità proprio alle attività strategiche. Allora perché questo non avviene?
Partiamo dal fatto che una visione molto diffusa nelle organizzazioni è quella che lega la produttività insieme alle ore lavorate, ossia viene apprezzato lo sforzo oltre l’orario di lavoro, che in seconda battuta rafforza la percezione di fedeltà che l’azienda ha verso i propri collaboratori. Atteggiamento di solito premiato anche a livello di bonus economici. Cosa strana questa e, concedetemi, anche illogica, considerando il fatto che è cosa risaputa fin dagli studi scolastici che oltre un certo livello, in questo caso parliamo di ore di lavoro, una persona diventa poco produttiva, scendendo drasticamente il suo rendimento in funzione del tempo.  Un secondo punto non meno importante è come ci piace essere percepiti dagli altri, interni od esterni all’azienda. Mi spiego meglio: nella società frenetica di oggi l’imperativo è di essere percepiti impegnati, busy. È diventato uno status simbol, più sei impegnato e con l’agenda piena e più sei una persona di successo, importante. Conseguentemente diventa un imperativo uscire dalle logiche sopra descritte se si vuole ritrovare il tempo necessario da poter dedicare al pensiero strategico.

Ma come si crea una strategia aziendale? Direi che la prima fase sicuramente è un’accurata analisi della situazione aziendale e dei mercati di riferimento cercando di capire quali potrebbero essere i vantaggi competitivi che dovrebbero essere implementati e per far questo esistono tantissimi strumenti analitici come dettagliate analisi di mercato, l’assegnazione delle 5 forze di Porter, la mappatura dei propri vantaggi competitivi ecc. A questi tools fondamentali dobbiamo però affiancare il pensiero creativo, la capacità di prefigurare scenari alternativi e nuovi, magari traendo ispirazione, per similitudine, da modelli di business di mercati completamente differenti e distanti dal nostro. Suggerisco inoltre di mettere in discussione i presupposti utilizzati per le strategie adottate sino a quel momento oppure relativi al tipo di mercato o di industria nel quale si è inseriti.

Ora che abbiamo una strategia affrontiamo la parte più difficile che è la sua esecuzione che molto spesso rappresenta proprio il problema. Infatti una cosa è vedere il Board di un’organizzazione discutere e decidere la strategia in una sala meeting e un’altra è vedere la stessa strategia applicata a tutti i livelli dell’azienda. Permettetemi allora di darvi alcuni suggerimenti pratici per l’esecuzione della strategia:

  • Prima di tutto è necessario concentrarsi su pochi punti ritenuti fondamentali. È inutile “partorire” una strategia in 20 o 30 punti da portare avanti in quanto probabilmente rimarranno solo sulla carta per un semplice fatto, sono troppi e troppo dispersivi. Molto meglio è scegliere 3/4 punti fondamentali e concentrarsi su quelli dandosi il tempo di implementarli e, solo successivamente, aggiungerne altri magari nei successivi 12 mesi.
  • Trasformare i 3/4 punti decisi in piani di azione dedicati nei quali devono essere declinate tutte le azioni da intraprendere che, vi ricordo, sono diverse dalle attività. Le prime sono indirizzate a qualcuno che se ne occupa, le seconde descrivono solamente il da farsi senza indicare uno specifico responsabile. Ci deve sempre essere un Owner.
  • Assegnare l’esecuzione di ogni punto strategico ad una persona fisica che risponda direttamente al CEO per quel che concerne l’esecuzione della strategia e non ad una Funzione o Dipartimento aziendale. Assegnare l’attuazione di punti strategici ad una Funzione equivale a buttarli nella “terra di nessuno”.
  • Separare i meetings riguardanti la strategia rispetto a quelli operativi riguardanti le problematiche day-by-day. Sappiamo tutti che le problematiche quotidiane hanno sempre la precedenza e vanno risolte subito, cosa questa che erode tempo e risorse agli eventuali punti strategici da portare avanti che passeranno quindi in secondo piano.
  • Oltre ad assegnare degli Owners per ogni punto strategico è necessario assegnare anche un Controllore che abbia l’autorità di verificare insieme agli owners l’avanzamento lavori e i risultati conseguiti. Se non viene assegnata questa azione di monitoraggio si potrebbe perdere il focus e non perseguire i punti strategici.

Infine come ultima riflessione penso che per definire una buona strategia e attuarla in modo efficace siano necessarie alcune caratteristiche come la capacità di capire se i fondamentali della propria organizzazione siano validi nel breve o nel lungo periodo, oppure la capacità di utilizzare ed implementare le risorse attuali e magari di aggiungerne di nuove per difendere il vantaggio competitivo o ancora la capacità di ascolto dei propri Clienti e dei loro mercati per poter cogliere nuove opportunità. Credo quindi che la strategia sia quella che è sempre stata: l’arte di agire sotto  pressione in condizioni difficili.

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